Borgo Orefici, Microcosmo Partenopeo


IL BORGO OREFICI, una città nella città

dettaglio Portone storico

INTRODUZIONE AL BORGO

Napoli è una città fatta di microcosmi. Piccoli universi conosciuti per chi ci vive, nascosti per chi non è del luogo.Agglomerati urbani che celano vere e proprie corporazioni di mestiere. Se si esercita quella determinata professione, si vive di conseguenza in quel circoscritto quadrilatero della città partenopea. Il fenomeno dei rioni-corporazioni è presente in tutto il mondo, molto però nelle altre città si è perso, specialmente da quando i centri delle città storiche sono mutati con la globalizzazione.A Napoli,  in costante  controtendenza, questo mondo fatto di similitudine, interscambio, comunità lavorativa e famiglia allargata continua ad esistere ed a sopravvivere.Il Made In Naples, per tratti più arte che artigianato, è ancora molto amato ed apprezzato non solo dalla popolazione natia, ma anche dai marchi più importanti del mondo. Il Borgo Orefici si estende tra il corso Umberto e via Marina. Questa zona della città è da sempre stata destinata, per via della vicinanza con il porto, ad attività commerciali. Non è un caso, perciò, che la caratteristica che definisce la storia e l'identità del borgo abbia a che fare con questo aspetto. Sotto il regno di Giovanna D'Angiò, i mastri orafi napoletani e le loro botteghe ebbero riconoscimento ufficiale, e nacque così la loro corporazione. Immediatamente, l'insieme di vicoli che si estendeva tra le due principali strade della zona portuale divenne la base delle loro attività. E ancora oggi il Borgo, che appunto da questo fenomeno prese il nome, è il luogo perfetto dove recarsi in cerca delle migliori oreficerie e gioiellerie della città: pensate un po' da quanti secoli! 
La zona divenne così caratterizzata dal lavoro dell'oro e dei gioielli che nel XVII secolo il viceré stabilì che quel tipo di attività potessero essere svolte soltanto nel Borgo Orefici. Non solo la maggior parte dei sacri arredi delle nostre chiese (tra cui quelli dell'immenso tesoro di San Gennaro), ma anche i gioielli più antichi che circolano, di madre in figlia, nelle famiglie napoletane sono stati battuti proprio tra questi vicoli e queste botteghe.
 L’arte orafa ebbe i primi riconoscimenti da Federico II, con la ratificazione di fondamentali norme con cui si intendeva determinare e garantire la qualità dei manufatti. I provvedimenti del sovrano stabilivano l’obbligo per i maestri dell’arte di esplicitare la qualità dei loro manufatti (che doveva essere per l’oro non inferiore ad un valore di otto once d’oro puro per libbra e per l’argento non meno di undici once d’argento puro per libbra)

Iniziamo la nostra passeggiata al Palazzo la Bulla


PALAZZO LA BULLA Il Palazzo La Bulla, di proprietà del Comune di Napoli, si trova in Via Duca di S. Donato, a pochi passi dal Duomo, ed è gestito dal Consorzio Antico Borgo Orefici. Disposti su quattro piani troviamo il Museo dell’Arte Orafa, un’area per le conferenze, Creative Lab, Start Up e un ampio spazio dedicato alla formazione, puntando in particolare alla scuola orafa. https://www.borgorefici.eu/


Incontriamo dei vicoli dagli idiomi particolari come  VICO AZZIMATORI AZZIMATORE. 'O 'zzimatore era il cimatore, ovvero colui che, utilizzando delle cesoie, asportava o pareggiava il pelo di vari tessuti. In quella via, già al tempo degli Aragonesi, c'erano i cimatori della lana (azzimatori) protetti dal Re, che li esonerò all'erario.
Azzimatore, dal latino adextimare apprezzare, passato nel provenzale azemar, nel caso della professione esercitata a Napoli indicava propriamente chi si aveva cura della produzione e della lavorazione dei panni di lana, dalla cardatura alla tessitura.



luoghi con un fascino inconscio 


SLARGO DELLA FONTANA  Altra piazzetta del Borgo è Piazza Carlo Troya, dove c'è una storica fontana di Napoli, la Fontana della Pietra del Pesce, realizzata nel 1578. Abbiamo ben presente grazie ad una bibliografia accurata della fine del 800 la maestosità di questa fontana, presente in antichi reperti fotografici e disegni del 1889 tratti dalla Napoli antica di Raffaele D'Ambra, oltre all'attuale vasca triangolare in marmo era presente anche un alto obelisco centrale con tazza alla sommità, alla cui base facevano bella mostra pregevoli sculture di pesci.Giancarlo Alisio la segnala posta tra via Carlo Troya e via San Giovanni in Corte, spostata per i lavori del Risanamento, e distrutta da vandali nel secondo dopoguerra. Oggi la fontana nel solo elemento della vasca e la sua piccola scalinata sono state restaurate e la zona intorno è stata anche provvista di panchine. Percorrete un tipico vicolo VICO STRETTOLA AGLI OREFICI  poi  LOGGIA DI GENOVA ( sede napoletana dei mercanti Liguri) Per giungere in

Crocifisso Ligneo Piazzetta
Targa



PIAZZETTA OREFICIIl cuore del quartiere è rappresentato da Piazza Orefici. In questa piazza, tra il 1500 e il 1600, avveniva il processo di fusione dell'oro, all'esterno delle botteghe, i modo che i rappresentati della Corporazione orafa e tutti i cittadini potessero verificare con i loro occhi la purezza e la qualità dei materiali. In questa piazza c'è dal 2015 una targa intestata a Matteo Treglia, l'orafo napoletano che ornò il busto di San Gennaro con la famosissima Mitra, gioiello sorprendente realizzato con 3694 pietre preziose, 358 diamanti e 43 smeraldi su una base di oro e di argento.
 
Altro ”monumento” importante è il Crocifisso ligneo Descrizione: Il Crocifisso ligneo, è il simbolo di Piazza Orefici, fu realizzato per volere dalla famiglia Di Roberto nel XVIII, a seguito di un’epidemia di peste. La particolarità di questo manufatto ligneo è la possibilità per lo spettatore di trovarsi di fronte alla sacra effige da entrambe i lati della croce. Il Crocifisso, posto sotto una copertura in rame battuto, è sostenuto da un basamento in calcestruzzo armato dove sono rappresentati i simboli della passione di Cristo. La leggenda vuole che un commerciante di pietre preziose, un certo Francesco di Roberto avesse un fratello che soffriva di violentissimi attacchi d’asma. In una giornata afosa del 1839, i due andarono a fare una passeggiata tra le campagne di Afragola in cerca di frescura. A un certo punto la loro carrozza si fermò davanti ad un Crocifisso posto in un viottolo solitario. Da quel momento Salvatore il fratello ammalato si sentì improvvisamente meglio, gli attacchi d’asma terminarono. I due fratelli vollero che la preziosa effige fosse portata all’interno del Borgo Orefici e posta nella piazza centraleSuccessivamente il Crocifisso ligneo necessitava un restauro e non tutti gli eredi della famiglia DiRoberto hanno voluto partecipare al ripristino di questo artefatto che era diventato parte integrante della comunità. Tale fu l’affronto che la famiglia fece eriggere una targa sotto il Crocifisso “RESTAURATO DAGLI EREDI DI ROBERTO MENO LUISA E CARMELA 1877” della serie in panni spochi non vanno lavati in casa, non si appendono fuori al balcone ad asciugare,no SI INCIDE UNA TARGA Il borgo è in primis il luogo di residenza delle più importanti gioiellerie della città, non sempre grandi negli ambienti, ma grandiosi nella capacità manuale ed artistica di questi Artigiani, che tutto il mondo e apprezza e ci invidia.

 


LE CHIESE DEL BORGO, GIOIELLI NASCOSTI DELLA NAPOLI PIU' ANTICA

CHIESA DI SANT ELIGIO & SAN GIOVANNI A MARE


Sant Eligio
Dettaglio dell'Ingresso e del Campanile

La costruzione della chiesa, la più antica di epoca angioina della città, in stile gotico, risale all'anno 1270. Fu edificata nella zona chiamata Campo Moricino, nei pressi del luogo dove era stato decapitato solo pochi anni prima Corradino di Svevia per opera di tre cavalieri francesi al seguito di Carlo I d'Angiò, sovrano di Napoli e inizialmente fu dedicata ai santi Eligio, Dionigi e Martino. La chiesa fu affiancata da un ospedale e l'intero complesso godette della protezione e dei privilegi reali, prima sotto Giovanna I d'Angiò e, successivamente, sotto Giovanna II d'Angiò ed Alfonso I d'Aragona. Nella prima metà del XVI secolo, il viceré spagnolo Don Pedro de Toledo vi fondò l'Educandato femminile, chiamato conservatorio per le vergini, dove le fanciulle erano istruite al servizio infermieristico presso l'annesso ospedale (restaurato tra il 1770 e il 1780. Sul finire del XVI secolo alle attività benefiche dell'educandato e dell'ospedale si aggiunse l'attività di banco pubblico.Il complesso monumentale fu colpito e gravemente danneggiato da un violento bombardamento nel 4 marzo 1943 e, alcuni decenni dopo, un imponente restauro riportò il tempio alla primitiva linea gotica, liberandolo degli stucchi apposti nei secoli. 

L’arco di Sant EligioParticolare è la leggenda legata all'arco quattrocentesco che si innalza su due piani a collegare il campanile della chiesa con un edificio vicino. Sul primo piano vi è inserito un orologio, sotto la cui cornice sono rappresentate due testine che raffigurerebbero una giovane fanciulla di nome Irene Malarbi ed il duca Antonello Caracciolo, protagonisti di una leggenda di epoca cinquecentesca narrata anche da Benedetto Croce. Pare che il Caracciolo, nobiluomo senza scrupoli, innamoratosi della giovane vergine ed impossibilitato dalle resistenze di lei ad averla, fece condannare ingiustamente suo padre chiedendo, in cambio della sua liberazione, la resa della fanciulla ai propositi del duca. Il padre della sventurata fu effettivamente liberato, ma la famiglia di lei chiese giustizia a Isabella di Trastámara, figlia del sovrano Ferdinando II d'Aragona, ottenendo come condanna lo sposalizio forzato della giovane da parte del Caracciolo e la sua successiva morte per decapitazione
San Giovanni a Mare
Ingresso alla Chiesa
La chiesa principale del quartiere è invece San Giovanni a Mare, che ospita una imponente testa marmorea di donna. Si tratta di una copia: l’originale, oggi a Palazzo San Giacomo, fu ritrovato intorno al 1594 nella zona dell’Anticaglia. Il busto fu associato sin da subito alla sirena Partenope, anche se in realtà rappresenta probabilmente Afrodite. La storia di questo busto fu piuttosto tribolata, e quando, tra un'avventura e l'altra, nell'800 venne posizionata nei pressi della chiesa di Santa Maria nell'Avvocata, e vicino a un busto di Sant'Anna, venne soprannominata MARI-ANNA 
Venne eretta dai Benedettini. Il tempio rappresenta una notevole testimonianza dell'architettura medievale napoletana e riassume parte dell'evoluzione della stessa città. Esso costituisce la più significativa opera romanica presente a Napoli, risalendo alla metà del XII secolo.Tracce arabe e bizantine sono costituite dalle colonne parzialmente immesse nell'abside, ma anche dalle cupole a volta a crociera estraddossate, nonché dagli archi acuti di scuola amalfitana. Il primitivo impianto della chiesa, ovvero quello prettamente romanico, è riscontrabile nella zona centrale dell'edificio: tre navate scandite da archi impostati su colonne di spoglio (il tutto secondo i modelli cassinesi). Sempre nel duecento fu aggiunto un transetto con cappelle a fondo piano, prettamente cistercensi. Gli archi che sovrastano le cappelle risalgono, invece, ad un periodo più tardo (XIV-XV secolo). L'altare maggiore è incorniciato da un arco catalano. Inoltre sui muri si trovano scritte, stemmi e testimonianze di varie epoche. Nel Medioevo la chiesa era annessa ad un ospedale dell'Ordine dei Gerosolimitani, presente già su alcuni documenti del 1186 e del 1231, e del quale non rimane più nulla (visti i pesanti bombardamenti della seconda guerra mondiale che colpirono quella zona). La struttura ospedaliera continuò le proprie attività fino al XIX secolo; Storicamente, la chiesa costituì, nell'Ordine di Malta, la commenda o baliaggio dipendente dal Priorato di Capua; nell'ospedale venivano accuditi e curati i feriti che giungevano a Napoli. Nel XVII secolo, il tempio fu a lungo al centro di manifestazioni religiose al limite del profano, ma le acque si calmarono quando la chiesa venne soppressa. L'antico luogo di culto è stato abbandonato per decenni e solo negli ultimi anni, dopo lunghi interventi di restauro, è stato riportato all'antico splendore.

Commenti

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