una passeggiata tra vivi e morti


Una passeggiata tra i vivi e i morti
Nuovamente sono rimasta a bocca aperta davanti a tanta bellezza, stranezza è contrasto.

La stazione Materdei, sarà anche meno famosa ma è bella da togliere il fiato, forse è la stazione più rappresentativa della città, che ne viene esaltata. La rampa di scale che conduce ai piani inferiori è sormontata da un mosaico con rilievi in ceramica di Luigi Ontani, una grande distesa marina in cui “sguazzano” creature fantastiche, scugnizzi napoletani e un Pulcinella  con il volto dell’artista.
La passeggiata,  un vero percorso museale a cielo aperto,  ci conduce per la bella piazza Scipione Ammirato, trasformata in isola pedonale, arricchita di spazi verdi, nuovi arredi urbani e opere d’arte, come Carpe diem, l’ironica scultura in bronzo colorato di Luigi Serafini, palazzi ottocenteschi con splendidi giardini, i banchi di tufo giganti ed un quartiere colorato, giovane ed moderno. Svariate scalinate ci conducono su un livello inferiore dove in meno di 10 minuti raggiungiamo il Cimitero delle Fontanelle.
Il cimitero delle Fontanelle (in napoletano 'O campusanto d' 'e Funtanelle) è un antico cimitero della città di Napoli, situato in via Fontanelle.
Chiamato in questo modo per la presenza in tempi remoti di fonti d'acqua, il cimitero accoglie 40.000 resti di persone, vittime dell'epidemia di peste nel 1656 e di colera del 1836.
Il cimitero è molto noto anche perché vi si svolgeva un particolare rito, detto delle "anime pezzentelle", che prevedeva l'adozione e la sistemazione di un cranio (detta «capuzzella»  al quale corrispondeva un'anima abbandonata («pezzentella» quindi  in cambio di protezione. Il cimitero è scavato nella roccia tufacea gialla della collina di Materdei. 
Dopo questo percorso spirituale, sensoriale e completamente unico passeggiamo  per il quartiere per poi risalire alla stazione Materdei. 


 È formato da tre grandi gallerie a sezione trapezoidale, in direzione N-S, con un'altezza variabile tra i 10 e i 15 m e lunghe un centinaio di metri collegate da corridoi laterali. Queste gallerie, per la loro maestosa grandezza, sono chiamate navate come quelle di una basilica. Ogni navata ha ai propri lati delle corsie dove sono ammucchiati teschi, tibie e femori e ha un proprio nome: la navata sinistra è detta navata dei preti perché in essa sono depositati i resti provenienti dalle terresante di chiese e congreghe; la navata centrale è detta navata degli appestati perché accoglie le ossa di quanti perirono a causa delle terribili epidemie che colpirono la città (la peste su tutte, in special modo quella del 1656); infine la navata destra è detta navata dei pezzentielli perché in essa furono poste le misere ossa della gente povera.
I resti anonimi si moltiplicarono col passare degli anni ed è qui che confluirono, oltre alle ossa trasferite dalle terresante, anche i corpi dei morti nelle epidemie. Alla fine dell'Ottocento alcuni devoti, guidati da padre Gaetano Barbati, disposero in ordinate cataste le migliaia di ossa umane ritrovate nel cimitero.
Da allora è sorta una spontanea e significativa devozione popolare per questi defunti, nei quali i fedeli identificano le anime purganti bisognose di cura ed attenzione. Alcuni teschi furono quindi "adottati" da devoti che li allocarono in apposite teche di legno, identificandoli anche con un nome e con una storia, che affermavano essere svelati loro in sogno. Per lunghi anni, il cimitero è stato teatro di questa religiosità popolare fatta di riti e pratiche del tutto particolari….
Si vuole che qui riposino anche i resti del poeta Giacomo Leopardi, morto durante il colera del 1836.[18] In realtà il poeta fu inumato prima nella cripta, poi nell'atrio della chiesa di San Vitale fino a quando nel 1939 fu spostato al Parco Vergiliano anche se sui resti di Leopardi esiste tuttora un caso.
In esso furono collocate le ossa ritrovate nel corso della sistemazione di via Toledo degli anni 1852-1853, risalenti alla peste del 1656. Ed ancora, nel 1934, vi furono collocate le ossa ritrovate ai piedi del Maschio Angioino durante i lavori di sistemazione di via Acton e quelle provenienti dalla cripta della chiesa di San Giuseppe Maggiore demolita nello stesso anno, come ricordano due lapidi ben visibili nella prima ala destra del cimitero.
Lo spazio delle cave di tufo fu usato a partire dal 1656 anno della peste, che provocò almeno trecentomila morti,fino all'epidemia di colera del 1836.
A tali resti si aggiunsero nel tempo anche le ossa provenienti dalle cosiddette "terresante" (le sepolture ipogee delle chiese che furono bonificate dopo l'arrivo dei francesi di Gioacchino Murat) e da altri scavi.
Il canonico ed etnologo Andrea de Jorio, nel 1851 direttore del ritiro di San Raffaele a Materdei, racconta che verso la fine del Settecento tutti quelli che avevano i mezzi lasciavano disposizioni per farsi seppellire nelle chiese. Qui però spesso non vi era più spazio sufficiente; accadeva, allora, che i becchini, dopo aver finto di aderire alle richieste e aver effettuato la sepoltura, a notte fonda, posto il morto in un sacco, se lo caricassero su una spalla e andassero a riporlo in una delle tante cave di tufo.
Tuttavia, in seguito alla improvvisa inondazione di una di queste gallerie, i resti vennero trascinati all'aperto portando le ossa per le strade[10]. Allora le ossa furono ricomposte nelle grotte, furono costruiti un muro ed un altare ed il luogo restò destinato ad ossario della città.
Secondo una credenza popolare uno studioso avrebbe contato, alla fine dell'Ottocento, circa otto milioni[7] di ossa di cadaveri rigorosamente anonimi. Oggi si possono contare 40.000 resti, ma si dice che sotto l'attuale piano di calpestio vi siano compresse ossa per almeno quattro metri di profondità, ordinatamente disposte, all'epoca, da becchini specializzati.


Nel marzo 1872 il cimitero fu aperto al pubblico e affidato dal Comune al canonico Gaetano Barbati, ritenuto erroneamente[11] parroco di Materdei,[12] il quale, con l'aiuto del Cardinale Sisto Riario Sforza, eseguì una sistemazione dei resti secondo la tipologia delle ossa (crani, tibie, femori) e organizzò a mo' di chiesa provvisoria la prima cava,[4] in attesa che fosse costruito un tempio stabile.

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