Cosa
successe agli affreschi coll'immenso calore che travolse le città vesuviana nel
79 d.C
NON
TUTTI I ROSSI SONO ROSSI POMPEIANI
Una
ricerca condotta dal Cnr ha dimostrato che il famoso colore che caratterizza le
pareti delle antiche città campane è frutto di un’alterazione causata dai gas emessi
dal Vesuvio durante l’eruzione del 79 d.C. Parte di esse in origine era ocra.
Il
famoso color ‘rosso pompeiano’, quello che ha reso celebri nel mondo le pareti
delle abitazioni di Pompei ed Ercolano e che ha sempre affascinato archeologi e
turisti, è in realtà frutto delle emissioni di gas che si sono sprigionate
durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d. C., “che hanno mutato il colore
originale delle pareti – spiega a Nanni Magazine.it Sergio Omarini dell’istituto
nazionale di ottica (Ino) del Cnr di Firenze -, in origine quasi la metà delle
case di Ercolano era color ocra, non rosso”
Omarini
spiega che il grande calore e i gas dell’eruzione hanno mutato per sempre il
pigmento delle pareti, ‘arrostendolo’ e facendo sì che assumesse la colorazione
rossa che è divenuta l’emblema delle due località, ma tale fenomeno era già
noto nell’antichità: “Nel XXXV libro del ‘De rerum natura’, dedicato alla
pittura e ai pigmenti – puntualizza lo studioso – Plinio spiega che l’ocra rossa si può ottenere da quella gialla arroventando
quest’ultima nei forni. Il procedimento di calcinare ed arroventare era assai noto ai Romani che già ottenevano la ‘usta’ (il nostro minio) che è un rosso di piombo, riscaldando la ‘cerussa’ (la nostra biacca) che è un bianco di piombo e tale tecnica descritta da Plinio si rifà a Vitruvio e addirittura a Teofrasto. Scaldare per trasformare o perlomeno per mutare i colori e, si noti bene, mutare in modo stabile così da usarli come pigmenti, era un procedimento assai comune”.
Di
cosa si compone il pigmento divenuto celebre come ‘rosso pompeiano’?
“Il
rosso Pompeiano è un colore, o meglio, una gamma di colori. Non è definito dal
punto di vista colorimetrico né come tavola di riferimento né come coordinate.
Alcune enciclopedie o dizionari lo definiscono come ‘tipico rosso usato per la
maggior parte degli sfondi delle pitture parietali di Pompei’. Altri testi si
cimentano in definizioni spesso errate, definendolo un rosso ottenuto da
composti di mercurio o di ferro (il che è vero se si tratta di ocra).
Possiamo
dire che, dal nostro punto di vista, vi sono tre tipi di ocra rossa, o meglio
tre modi differenti per ottenerla:
- il primo è l’ocra rossa originale di cava,
descritta da Plinio e Teofrasto, cioè la terra rossa degli antichi dipinti
parietali delle grotte e conosciuta sin dai tempi preistorici.
- Il
secondo è quello dell’ocra rossa ottenuta arroventando quella gialla e
- il
terzo è l’ocra rossa creatasi per effetto del calore dell’eruzione.
È
evidente che tutte e tre queste tipologie possono coesistere negli affreschi
del contesto Vesuviano, il nostro obiettivo è stato quello di scoprire quante
abitazioni avessero mutato colore a causa dei gas eruttivi”.
Attraverso
quali analisi avete portato avanti questa ricerca?
“Recentemente
sono stati prodotti, e si stanno ancora producendo, molti studi volti
all’indagine della dinamica di tale trasformazione studiando parametricamente i
diversi tipi di ocra, le temperature, la velocità di riscaldamento, il tempo di
permanenza in temperatura e così via.
Quella
a cui siamo giunti non è propriamente una ‘scoperta’. Se ci si reca a Ercolano
è possibile riscontrare alcuni fenomeni a occhio nudo, come il cambiamento
cromatico su una crepa nella parete aperta dall’eruzione, che appare di un
diverso colore rispetto al resto del muro a causa dei gas che ne hanno mutato
il pigmento. Osservando con attenzione le fessure delle pareti, ripeto, anche
senza l’ausilio di strumentazioni particolari, si vedono bene queste differenze
cromatiche.
Come studiosi, ovviamente, ci siamo serviti di
una strumentazione ad hoc: i colori delle pareti sono stati analizzati tramite
una spettrofotometria colorimetrica”.
Come
avete proceduto?
“La
terra rossa è un colore dato dalla combinazione di tre classi di pigmenti:
minio, cinabro e ocra. Dal momento che il calore e i gas dell’eruzione
comportano delle modifiche soltanto all’ocra, e non al cinabro e al minio,
abbiamo usato la strumentazione in nostro possesso per catalogare tutte quelle
case che in origine erano effettivamente color rosso e tali sono rimaste, e
tutte quelle che in origine erano di color giallo e sono divenute rosse a causa
dei gas eruttivi. La serie di operazioni eseguite prende il nome di
fluorescenza X. A Ercolano e Pompei è stato ampiamente utilizzato l’ocra
per le pareti e, al momento dell’eruzione vulcanica, si è verificato un
cambiamento di colore”.
Quante
abitazioni di Ercolano in origine erano color ocra e quante erano realmente
rosse?
“Parecchie
in origine erano color ocra. Il fenomeno riscontrato è stato davvero rilevante:
tanto da modificare la percezione cromatica di insieme che un visitatore
avrebbe se potesse osservare le pareti delle case con le ‘giuste’ tonalità.
Numericamente parlando, attualmente sono 246 le pareti valutate rosse contro 57
gialle, ma in origine erano 165 rosse contro 138 gialle.
Come
si può notare, è sbagliato pensare che il colore rosso non fosse utilizzato,
siamo in una situazione di quasi parità tra i due colori. Non sarebbe giusto, quindi,
abbandonare la dicitura ‘rosso Pompeiano’, sarebbe più giusto, d’ora in poi,
affiancare a questa anche il ‘giallo’ “.
Commenti
Posta un commento